La riapertura dell’ Hotel Ritz

È di questi giorni la notizia della riapertura dell’ Hotel Ritz, dopo una  ristrutturazione durata quattro anni. Scorro le immagini patinate dell’ hotel e inizio a vagheggiare un week end a Parigi, magari in questi giorni ancora freschi di inizio estate. Dopo una breve consultazione delle tariffe su expedia.com, realizzo che una notte all’ Hotel Ritz costa come due settimane a Cesenatico in alta stagione – pensione completa – e che il mio week end nello storico albergo è destinato a rimanere una fantasia. Ma non mi perdo d’animo, perché se fantasia deve essere, allora non ci sono limiti. Di nessun genere, nemmeno spazio-temporali.

Quindi via, senza esitazione – e senza bisogno di prenotare –  a Parigi, Place Vendòme, Hotel Ritz, agosto del 1944. Il 25 di agosto del 1944, per essere precisi. Quel giorno i pochi tedeschi rimasti, contravvenendo agli ordini di Hitler si arresero, e la 28ª Divisione di fanteria USA,  in appoggio al contingente franco-spagnolo comandato dal generale Leclerc, entrò a Parigi  liberando la città. Al seguito delle forze alleate c’era Ernest Hemingway – in verità un po’ contrariato per essere arrivato in ritardo per liberare Parigi – e che di conseguenza dovette ripiegare su quella che lui stesso definì: “la mia personale liberazione dell’Hotel Ritz”.

WW2-LIBERATION DE PARIS

Quel giorno Hemingway giunse in Place Vendome a bordo di una Jeep, seguito da un codazzo di giornalisti, ufficiali, partigiani francesi e semplici curiosi. Indossava un’uniforme americana da cui aveva tolto le mostrine di riconoscimento e pare fosse armato di tutto punto, cosa che un corrispondente di guerra proprio non avrebbe dovuto fare. E che in seguito lo portò davanti a un tribunale militare. Senza conseguenze per fortuna, se non un rimprovero per eccesso di zelo, grazie soprattutto all’ intervento del colonnello Charles (Buck) Lanham , che aveva grande considerazione per lo scrittore. Hemingway contraccambiò poi il favore a modo suo, cioè lo fece diventare il protagonista di un romanzo: il colonnello Richard Cantwell di Al di là del fiume tra gli alberi.

Comunque, Hemingway e compagni, dopo aver occupato tutte le stanze disponibili dell’Hotel Ritz, si trasferirono al bar, per bere tutto quello che non si erano bevuti i tedeschi. E che il personale dell’albergo aveva prudentemente occultato sottoterra negli anni dell’occupazione. Si narra che la baldoria durò parecchio tempo, ma non è questo il motivo per cui quel giorno del ‘44 fu così speciale. Anche perché, da un certo punto in poi, le baldorie sono tutte uguali.

Mentre i liberatori brindavano – e avevano un sacco di buoni motivi per farlo – in Place Vendome arrivò un’altra Jeep. Ne scese un sottufficiale dell’esercito, uno spilungone alto e dinoccolato, con i capelli più lunghi del taglio d’ordinanza e lo sguardo un poco spiritato. Il sottufficiale cercava Hemingway, e come previsto lo trovò appoggiato al bancone del bar che ancora oggi porta il suo nome. I due si presentarono e parlarono a lungo, sommessamente. Fin qui niente di strano. Erano americani, erano a Parigi, erano soldati. Almeno, entrambe indossavano un’uniforme. I due uomini però avevano un’altra cosa in comune: erano scrittori. Lo spilungone si chiamava Jerome David Salinger. Jerry per gli amici, quei pochi che aveva. E al momento di congedarsi consegnò a Hemingway un manoscritto. Proprio quel pacco di fogli reso celebre da questa fotografia.

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Salinger non se ne separava mai. Alcuni suoi commilitoni raccontano che, nell’attesa del D-day, scrivesse continuamente. Forse per non pensare alla paura. Portò quei fogli con sè durante lo sbarco a Utah Beach, dove la sua compagnia fu decimata dalle mitragliatrici tedesche, e attraverso la Francia fino a Parigi. Erano le bozze di The Catcher in the Rye, che divenne famoso in tutto il mondo come Il giovane Holden.

Salinger lasciò a Hemingway l’unica copia esistente del romanzo – che con tutto quello che aveva passato doveva stargli particolarmente a cuore – perché voleva l’opinione di colui che probabilmente era il più famoso scrittore vivente. E che sarebbe diventato il più famoso scrittore del ‘900. Forse Salinger cercava quello che tutti gli scrittori cercano mentre scrivono, perché nessuno scrive senza avere dubbi su ciò che sta scrivendo. Hemingway non lo deluse, anzi lo incoraggiò a continuare il romanzo. Pare addirittura che, dopo aver letto il manoscritto, a caldo abbia commentato: “Gesù! Ha un talento straordinario!”

Ecco cosa accadde il 25 agosto del 1944 al bar dell’Hotel Ritz. Forse il più significativo incontro letterario del secolo scorso. E se fossi stato presente, se per un paradosso spazio – temporale questa non fosse soltanto una fantasia, cosa avrei fatto? Sarei stato buono e zitto a godermi la scena? Avrei tentato di farmi un selfie con due degli scrittori più famosi della storia della letteratura? Avrei porto timidamente a Hemingway una copia del mio romanzo? Ecco, forse avrei vinto la timidezza e l’avrei fatto, come Salinger. Probabilmente Hemingway – che in fondo era una persona gentile – ne avrebbe letto qualche riga. Poi, nella migliore delle ipotesi, con una pacca sulla spalla mi avrebbe bonariamente consigliato di dedicarmi a qualcosa di più costruttivo. Non senza offrire da bere però, perché Ernest Hemingway un goccio non l’ha mai rifiutato a nessuno.

 

©Gianluca Maleti 2016. Tutti i diritti riservati.

Opere cit. Fernanda Pivano Hemingway Bompani Editore

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