Addio a Facebook (A Farewell to Facebook)

Con l’ultimo post che titolava così ho salutato gli amici di Facebook. La citazione del famoso romanzo di Hemingway “A Farewell to Arms” è scontata, ma un sacco di gente negli ultimi mesi ha scritto cose intitolate “… ai tempi del coronavirus” pensando fosse una trovata originale. Ho letto in proposito un’intervista al figlio di Gabriel Garcia Màrquez e mi è parso piuttosto risentito sulla questione. Forse perché non ha trovato modo di ricavarne diritti d’autore.

No, la mia non voleva essere una trovata originale, mi era solo tornata in mente la famosa frase che pronuncia il sottotenente Frederic Henry prima di fuggire in Svizzera, dopo la disfatta di Caporetto. La frase “Ho fatto una pace separata”, diventata famosa per la sua ambiguità: una giusta motivazione – desiderare la pace, la fine della guerra – che in realtà sottintende un atto ingiustificabile per un soldato: la fuga, la diserzione.

Mi è tornata in mente perchè se ho deciso di cancellare il mio profilo Facebook, di mettere in atto una forma del tutto personale di distanziamento-social, ho i miei buoni motivi. Ma al tempo stesso non mi andava di elencarli in un Post pubblico. Per evitare polemiche e magari  offendere qualcuno. Quindi ho optato per “Una pace separata”, che in pratica è un “Arrivederci e buona vita”. Questo però è il mio Blog, e forse qualcosa in più sulle mie motivazioni lo posso dire.

In primo luogo Facebook non mi interessa più. Per un motivo molto semplice: faccio sempre più fatica a trovare cose interessanti su Facebook. Ormai è tutto o quasi di una banalità sconcertante. E badate bene, non mi riferisco al primo piano degli spaghetti allo scoglio o alla foto del tenero cagnolino. Gli spaghetti e il cagnolino sono reali, fanno venire fame o tenerezza.

Trovo banale l’adesione incondizionata al pensiero unico, il terrore di dire qualcosa che non sia progressista, politicamente corretto, inclusivo e relativista. L’assertività esasperata e artificiale diventata la regola ferrea cui bisogna sottostare per non ricevere una valanga di commenti indignati; per non scatenare gli “Hater” da tastiera, sempre pronti a puntare il ditino per scaricare le loro frustrazioni quotidiane.

Non c’è più spazio su Facebook per un reale e garbato confronto di idee. Per opinioni differenti. Sono tutti impegnati a “Condividere” le proprie granitiche convinzioni, senza alcun dubbio in proposito. Senza pensare che questa strada porta dritta al fanatismo. E non è per niente inclusiva o relativista.

C’è stato un tempo in cui nutrire un ragionevole dubbio – sulle idee, sulle cose, sui fatti – era considerata una peculiarità delle persone intelligenti. Oggi non è più così. Provate per esempio a ipotizzare – a voce alta – che forse il cambiamento climatico non sia da imputare ai comportamenti dell’uomo, ma che il cambiamento è nella natura delle cose e che tre miliardi di anni fa la Terra era interamente sommersa dagli oceani. Sarete voi a essere sommersi e ostracizzati da una valanga di ingiurie, da negazionista a ignorante. E naturalmente fascista, che va sempre bene per chi non la pensa come la maggioranza.

No, Facebook non mi piace più. È diventato uno specchio narcisista, brandizzato, pieno di attori impegnati a recitare la parte di come vorrebbero essere, non di come sono realmente. Un luogo dove la maleducazione è diventata la normalità, e peggio ancora non indigna più nessuno. Scelgo “Una pace separata”, ma non mi sento un fuggitivo o un disertore.

© Gianluca Maleti – Tutti i diritti riservati.

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