Tutte le mattine, verso le otto, sulla ciclabile nel parco di fronte a casa mia passa un tizio con una Vespa 50 d’epoca. Ha il motore truccato, ne riconosco il rumore da lontano. Il tizio porta a scuola un bimbetto in piedi sulla pedana, aggrappato al manubrio. È appena più alto del fanale della Vespa e non indossa il casco.
Mentre bevo il mio caffè penso che il tizio sta rischiando una multa salata, il sequestro del veicolo, forse una denuncia penale. E di passare parecchi mesi tentando di convincere i servizi sociali che lui in fondo è una brava persona e non un padre incosciente e snaturato come potrebbe sembrare.
Li guardo passare, padre e figlio. Il bambino ride felice, l’uomo sta chino in avanti, gli racconta qualcosa all’orecchio. Vanno molto piano, con il motore al minimo. Allora mi torna in mente quando, tanti anni fa, dovevo fare da baby sitter a mia sorella più piccola, e l’unico modo per farla star buona era caricarla sulla Vespa e portarla in giro per Modena tutto il pomeriggio. E quando finalmente veniva sera ancora non ne voleva sapere di scendere dalla Vespa. Ma erano altri tempi. Le regole sono cambiate, le persone sono cambiate. Oggi è tutto diverso.
Li ho visti passare anche stamattina, padre e figlio. Spero che non vi prendano – ho pensato.
Credits: Elisabetta Laterza, foto di famiglia, 1954.