Una cosa divertente che non farò mai più: il concorso letterario.

Non è che realmente avessi pensato di partecipare. Non mi sono mai piaciuti i concorsi letterari. Proprio l’idea stessa del concorso non mi è mai piaciuta. È che il tema di questo ha cominciato a ronzarmi nella testa. Appennino, ricordi emozioni ecc. Per diversi giorni. Appennino, ricordi emozioni ecc. ecc. In appennino – che a dirla tutta non si chiama appennino per chi ci abita, ma montagna – ho passato alcuni anni della mia vita, da giovane. Non in vacanza, ci ho proprio vissuto e lavorato. Ho conosciuto persone, fatto esperienze. Anche piuttosto dure. Possibile non avere niente da dire sull’argomento? Almeno per un raccontino da 10.000 battute, spazi inclusi?

Facciamo un passo indietro. Per essere sinceri a un concorso letterario avevo partecipato, nel lontano 1982, quando – con l’ingenuità dei miei diciotto anni – tra le varie cose che immaginavo per il futuro c’era anche quella di diventare uno scrittore. (Ne ho parlato qui: https://gianlucamaleti.it/una-certa-idea-di-immortalita/). Idea presto accantonata assieme a molte altre. Per tanti anni non ho  scritto più niente. Ma scrivere… insomma ricordate la canzone di Antonello Venditti? “Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi poi ritornano…” E ci sono ricascato, da un po’. Di conseguenza ho cominciato a pensare che in fondo sì, tra le altre cose avrei potuto partecipare a questo concorso. E mi è tornata in mente la storia di Ugo G.

Ugo G. è il protagonista del racconto “La gente è dura, qui”. Ho abbreviato il cognome perché è una persona reale, così come la storia che mi ha raccontato. Ne ho controllato la veridicità – con la poca documentazione disponibile – e ho trovato una singolare corrispondenza tra la verità storica e il racconto di Ugo. Parliamo dell’eccidio di Ospitaletto, nei primi drammatici giorni dell’agosto del 1944. Le rappresaglie dei tedeschi e il loro accanimento sulla popolazione civile. Quello che però mi ha colpito di più è l’ombra scura che i fatti tragici di quei giorni hanno lasciato sulle persone, su una intera comunità, a distanza di anni. Quelle domande ancora oggi senza risposta: Perché? Chi ha parlato?

Mi sono tornate in mente le parole di Ugo G. – trent’anni dopo – e quel pomeriggio in cui mi mostrò il suo cinema abbandonato, una specie di cattedrale nel deserto che grazie al suo racconto riaccese solo per me le luci del varietà, fece rivivere le ballerine di fila, i cantanti da balera e gli attori di Hollywood. Ugo G. era un imprenditore certo –  non siamo così illusi e romantici da pensare diversamente – e costruì il suo cinema per vendere biglietti, pop corn e Coca Cola. Ma sono convinto che in fondo al cuore abbia realmente sperato che il suo cinema potesse far divertire, anche solo per poche ore, la gente dura di montagna. Che riuscisse a farle dimenticare le atrocità della guerra e la cattiveria che avvelena gli animi.

Così ho scritto il mio raccontino, mi sono emozionato ripensando a quegli anni, ho partecipato alla prima edizione del concorso letterario GLIBBO awards e ho vinto il primo premio. E questa cosa mi ha fatto molto piacere, anche se non lo farò mai più. Se a questo punto vi ho incuriosito, il raccontino lo trovate qui:

http://www.glibbo.it/IT/glibbo-awards/1/16/LA-GENTE-%C3%88-DURA-QUI

È il sito di GLIBBO – una piattaforma digitale letteraria da cui è possibile scaricare migliaia di ebook – che ha promosso e organizzato questa bella e riuscita iniziativa. Che spero verrà replicata in futuro.

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