La Sposa giovane

(disquisizione informale sul come una recensione negativa faccia vendere libri)

 

Tempo fa mi ero concesso un piccolo regalo, uno strappo alla dieta povera di grassi saturi consistente in un hot-dog senape-ketchup-maionese e panino semidolce. Una specie di nirvana a buon mercato, in quel baretto che c’è da quando ero piccolo – e prima ancora – dove un po’ di sbieco si vede piazza Grande. Al terzo paradisiaco boccone lo sguardo mi cade sulla copia di Repubblica, lasciata aperta da qualcuno sulla mensola dei giornali. A fondo pagina, la recensione de “La Sposa giovane”, ultimo romanzo di Baricco, a cura di Massimiliano Parente. Titolo: le metafore alate non fanno decollare Baricco. Sottotitolo: Un gradino può ricordare una Pecora? Solo in questo libro…

 

Finito l’hot-dog, non senza gli immancabili problemi causati dalle salse che si accumulano sul fondo e gocciolano sul pavimento quando addenti l’ultimo boccone, mi leggo d’un fiato le cinque colonne velenose-ironiche-sarcastiche della recensione. Parente ci va giù pesante: il più brutto incipit della storia della letteratura (quello della metafora alata: il cameriere Modesto che sale lentamente i gradini come un pastore con i suoi animali miti); Baricco non ci fa, ci è; una famiglia composta da Padre, Madre, Figlia, Figlio (poteva anche fare uno sforzo per trovare un nome ai personaggi); Baricco vede il mare dappertutto, anche in una tavola apparecchiata per la colazione. E via così. Fino all’ironica retromarcia: Ecco, su uno così non si può inferire. Non si spara sulla croce rossa, anche se l’autista è Baricco. Parente poi analizza l’opera letteraria di Baricco nella sua interezza, trova i suoi modelli in Manzoni e Calvino (figurati se non mancava Calvino), a riprova del fatto che ormai è da considerare come uno scrittore del secolo scorso. Per concludere una battuta: la clinica Holden per disintossicare gli aspiranti Baricco. Questa non male, però.

 

Basta attraversare piazza Grande e la via Emilia per arrivare da Feltrinelli. Due minuti. Le copie della Sposa giovane, ancora fresche di stampa, sono impilate di fianco all’entrata, non c’è bisogno di chiedere. Baricco è sempre Baricco. Scrive quello che gli pare, come gli pare. Senza regole. Più di vent’anni fa ha fondato una scuola di scrittura creativa (la Scuola Holden, appunto), quindi le regole le ha fatte lui. Quantomeno ne ha scritte di nuove. Non dobbiamo dimenticare che parliamo di un tizio che ha venduto milioni di copie di tutti i suoi libri, tradotti in tutte le lingue, nonostante abbia la faccia antipatica del primo della classe. Detto questo bisogna ammettere che le prime venti pagine della Sposa giovane non smentiscono le critiche. Non voglio dire che i critici letterari leggano solo le prime venti pagine dei romanzi, e la fine. Sono senz’altro dicerie malevole. Quello che non viene fuori dalla critica di Parente è che la Sposa giovane  è un esercizio di metaletteratura, a mio modesto avviso riuscitissimo. Succede a pagina 108, anche se qualche segnale c’era già prima. A pagina 108 la storia diventa un romanzo che l’autore sta scrivendo, e molte cose si spiegano. Anche il fatto che i personaggi non abbiano un nome. A pagina 108 un differente piano narrativo affiora alla superficie (del mare) per poi scomparire nuovamente. Allora cominci a capire che qualcosa non va, che la storia non è così scontata, che c’è qualcos’altro in profondità (del mare): qualcosa di più personale, più intimo. Qualcosa che vale la pena di leggere.

 

Basta, mi fermo qui. Non voglio spoilerare (come si dice adesso), e recensioni fatte da chi ha il mestiere per farle ne troverete a iosa. Io sono solo un tizio che si beve il suo caffè – letterario – la mattina presto.  Concludo anch’io con una battuta: non si spara sulla Croce Rossa?  Non si spara al pianista sull’oceano, se lo manchi corri il rischio di fargli vendere milioni di copie.

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